Alcuni aspetti della pressione arteriosa nel lavoro muscolare

In quest’articolo (parte di uno studio sperimentale che feci nel 2010 all’università) parlerò in breve degli effetti che il lavoro muscolare ha sul cuore e sulla pressione arteriosa.

Il lavoro muscolare che comporta contrazioni e accorciamenti delle masse muscolari (contrazioni concentriche) genera come risposta, delle pressioni intramuscolari che producono una compressione delle arterie circostanti. L’entità della compressione riduce la perfusione muscolare da un lato e di conseguenza aumentano le resistenze alla circolazione sanguigna, dall’altro, la portata cardiaca (quantità di sangue espulsa in un minuto dai ventricoli del cuore) diminuisce.

L’entità della compressione è direttamente proporzionale alla forza muscolare sviluppata.

La riduzione della portata cardiaca produce come risposta una stimolazione del sistema nervoso (aumento del tono nervoso ortosimpatico) nel tentativo di mantenere la stessa su valori adeguati, ma a causa del concomitante aumento delle resistenze periferiche si verifica un considerevole incremento della pressione arteriosa.

L’incremento di pressione è proporzionale alle masse muscolari coinvolte durante lo sforzo.

L’aumento di pressione in conseguenza ad uno sforzo muscolare è una costante che si verifica sia nello sforzo di tipo isometrico (contrazione muscolare che crea tensione senza accorciamento o allungamento del muscolo) che in quello isotonico (contrazione muscolare che crea tensione con accorciamento o allungamento del muscolo) con le dovute differenze tra i vari tipi di contrazioni.

Questo fa intuire come durante il lavoro muscolare isometrico, la pressione arteriosa possa modificarsi nel senso di un aumento considerevole.

Questo tipo di risposta ipertensiva può essere molto pericolosa in soggetti portatori di patologie cardiovascolari!

Il brusco aumento di pressione che si verifica durante lo svolgimento di esercizi di forza è stato dimostrato che non è duraturo nel tempo. Un allenamento costante per questo tipo di esercizi riduce con il tempo la risposta ipertensiva in relazione allo sforzo effettuato. Di fatto atleti professionisti nel sollevamento pesi mostrano una risposta ipertensiva allo sforzo marcatamente inferiore rispetto ad atleti non professionisti o dilettanti, questo non toglie però che l’aumento di pressione è comunque elevato.

Durante lo svolgimento di attività aerobiche a stato stazionario* l’andamento pressorio è significativamente differente rispetto alle condizioni sopra indicate in quanto, si verifica una riduzione delle resistenze periferiche, che rispecchia il fenomeno della vasodilatazione nei distretti muscolari coinvolti nel lavoro muscolare e la ritmica contrazione il e rilasciamento dei muscoli, soprattutto quelli degli arti inferiori, produce un effetto pompa sul ritorno venoso, di conseguenza assistiamo a una diminuzione significativa della pressione arteriosa.

 

[*Dal punto di vista biochimico la condizione di stato stazionario comporta che esista un bilancio tra l’energia fornita dall’ATP (composto ad alta energia) e la risintesi per via aerobica dell’ATP stesso. Se esiste una certa produzione di acido lattico questo o è ossidato oppure è riconvertito a glucosio principalmente nel fegato e nei reni. Pertanto, in condizioni di stato stazionario non si ha accumulo di acido lattico nel sangue. A cura di Miserocchi G., fisiologia applicata allo sport, casa editrice ambrosiana, Milano, 1998. Per maggiori informazioni o approfondimenti contattatemi tramite e-mail]

 

Pressione arteriosa dopo lavoro muscolare sub massimale

Dopo un lavoro fisico aerobico sub massimale, possiamo notare che la pressione arteriosa, soprattutto quella sistolica o massima (contrazione del muscolo cardiaco), diminuisce e si mantiene sensibilmente inferiore rispetto a prima dell’inizio del lavoro. Questa situazione è riscontrabile sia in soggetti normotesi sia in quelli ipertesi.

Questo tipo di risposta ipotensiva si mantiene per circa dodici ore dalla fine dell’esercizio fisico!

La teoria più accreditata per spiegare questo fenomeno si basa sul fatto che in conseguenza alla vasodilatazione del distretto muscolare interessato si crea una condizione di maggior capacità del distretto vascolare e che una quota di sangue periferico permane negli organi viscerali e negli stessi muscoli diminuendo il volume di sangue a livello centrale.

Quest’effetto ipotensivo viene reputato uno strumento terapeutico importantissimo per il trattamento dei soggetti ipertesi!

 

Conclusioni

A questo punto si consiglia di effettuare un’attività aerobica d’intensità sub-massimale medio – bassa di circa trenta minuti, dopo la normale attivazione neuromuscolare e articolare (riscaldamento), prima di cimentarsi ad eseguire qualsiasi tipo di attività fisica che prevede uno sforzo fisico intenso con sovraccarichi elevati o esercizi in isometria di medio, medio/alta, alta intensità. Questo consiglio è rivolto prevalentemente a soggetti non agonisti definiti a rischio, vale a dire soggetti esposti a rischio di patologie cardiovascolari o che hanno familiarità con le stesse e a maggior ragione a soggetti con patologie cardiovascolari conclamate.

Inoltre sarebbe utile che qualsiasi soggetto (non agonista), anche apparentemente sano, che abbia superato i trentacinque anni di età, tenesse in considerazione questo consiglio, tranne nel caso in cui abbia effettuato una visita medico – sportiva che abbia escluso qualsiasi controindicazione di tipo cardiovascolare.

 

 

A cura del Dott. Mario Amarù